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Incontro con Lauro Seriacopi, l’atto sublime dell’educare

Nel nuovo anno abbiamo ripreso gli incontri giovedì 18 gennaio. Tra i prossimi appuntamenti, è previsto l’evento pubblico di martedì 20 febbraio p.v., di cui trasmetto la locandina. Sarà con noi il prof. Lauro Seriacopi, Vicepresidente della Fondazione Don Lorenzo Milani, il quale ci parlerà dell’atto sublime dell’educare. La testimonianza di don Lorenzo Milani, 100 anni dopo. Com’è evidente, la questione educativa preoccupa, oggi, sia la Chiesa che la società. Considerata la complessità della sfida non è pensabile che la responsabilità ricada su una sola istituzione, ma è indispensabile la costruzione di un tessuto di correlazione dialogica e di un’alleanza di corresponsabilità. In quest’ottica, sollecito la partecipazione di tutti.

Il Coordinatore
Don Romano Piccinelli

Il racconto del Cammino sinodale nella diocesi su Tv2000

Il Cammino sinodale nella diocesi: il racconto del Vescovo Luciano

Su Tv2000, l’emittente dei cattolici italiani, è andato in onda il racconto del Cammino sinodale nella diocesi di Città di Castello. Il vescovo Luciano Paolucci Bedini è stato ospitato nello studio del programma “In cammino” e in collegamento c’era Alessandro Pacchioni, uno dei referenti diocesani e regionali del Cammino sinodale della Chiesa italiana. Anche la Chiesa tifernate è nel vivo della fase sapienziale del percorso, dopo i due anni di ascolto della fase narrativa. Lo hanno ricordato alcune interviste e testimonianze trasmesse nel programma di Tv2000, raccolte durante uno degli ultimi incontri dei tavoli sinodali.

Le parole dei referenti diocesani

“Il lavoro che stiamo facendo – spiega Tania Renghi, altra referente diocesana insieme a Pacchioni – non servirà solo a produrre un documento da inviare a Roma ma ha un beneficio immediato sulla nostra comunità diocesana e sulle parrocchie. E questa è la bellezza del Cammino sinodale perché nell’adempimento del percorso permette di vedere e vivere l’obiettivo”.

“In tanti hanno accettato di aprirsi con curiosità e desiderio – racconta Rosanna Renzini – mentre altri sono stati più ‘timidi’ nei momenti di incontro, e allora abbiamo dovuto incoraggiarli e ascoltarli senza pregiudizi e questo li ha portati a un’apertura maggiore”.

“Questi tavoli – ha detto Gianlivio Bersigotti – sono la continuazione degli incontri che il vescovo ha fatto nei mesi scorsi nelle parrocchie e ora ognuno di noi si sente responsabile di portare avanti il suo messaggio”.

“Quella del sinodo è un’esperienza coinvolgente – ha raccontato don Filippo Milli, vicario pastorale della zona nord della diocesi – ed è stata un’esperienza nuova, non la solita assemblea o incontro ripetitivo. Un’occasione che ha donato un nuovo fuoco alle comunità, per rinverdire tanti organismi parrocchiali che forse lavoravano in modo un po’ stanco e stantio. Il sinodo sta riuscendo a darci quella spinta di cui avevamo bisogno”.

Sui passi dei santi tifernati

Il 2023 si è chiuso positivamente per i pellegrinaggi e il turismo religioso a Città di Castello. I dati, raccolti dall’associazione “Le Rose di Gerico” – che da tempo si occupa di accoglienza e ospitalità religiosa, ora partner della diocesi per i pellegrinaggi – parlano chiaro: il monastero di Santa Veronica Giuliani ha registrato nel suo museo la visita di circa tremila pellegrini, ai quali si aggiungono in maniera non quantificabile i numerosi fedeli che si sono soffermati nella chiesa della Santa. Un dato di grande interesse è relativo alla provenienza dei pellegrini stranieri: 729 giunti da ben 25 nazioni.

I numeri dell’accoglienza

Il monastero, durante il periodo della novena (30 giugno – 10 luglio) ha aperto le sue porte ad altri 4.904 fedeli sia tifernati che pellegrini giunti da ogni parte d’Italia. Coloro che a piedi e con lo zaino in spalla, hanno percorso i cammini francescani, e che si sono fermati a Città di Castello nell’ospitalità religiosa delle clarisse da aprile a ottobre, sono stati 1.117. Anche in questo caso sono significative le presenze di stranieri, 285 provenienti da 27 nazioni. Nella chiesa di San Francesco, dove è possibile apporre il timbro sulle credenziali, i “libretti di viaggio del pellegrino”, 2.065 viandanti hanno testimoniato il loro passaggio con una firma o un pensiero sul libro a loro dedicato. Le visite nella chiesa di San Domenico, che custodisce il corpo di santa Margherita, si allineano alla tendenza generale che vede un incremento di presenze rispetto all’anno precedente.

L’esperienza del cammino

“Il 2023 – commenta Angelica Lombardo , presidente de ‘Le Rose di Gerico’ – è stato un anno interessante. I dati sui pellegrinaggi a piedi sono indice di una ripresa che, dal 2021, sta ricominciando a contare numerosi pellegrini in cammino. Quali sono per noi le grandi soddisfazioni? Rispondere alle telefonate di chi vuole informazioni e ci rende partecipi del suo cammino, accogliere giovani, adulti e anziani affaticati ma felici pronti a raccontarci la loro esperienza, veder arrivare genitori fieri di camminare con i figli, condividere un giorno di vita con tutti loro che, spesso, ci ricordano ad Assisi nelle loro preghiere e con un selfie al loro arrivo”.“Per quanto riguarda il pellegrinaggio devozionale per santa Veronica e santa Margherita – ci dice ancora – spesso ci rendono partecipi di momenti di gioia ma anche di sofferenza. Ogni volta che accogliamo un gruppo o piccoli nuclei familiari è emozionante parlare con loro, narrare attraverso i luoghi in cui hanno vissuto la loro vita e quello che ancora oggi vede il monastero di Santa Veronica con la sua comunità testimoni di un così forte messaggio di fede”.

Quattro anni di anniversari

Nel 2024 si celebra l’ottavo centenario delle stimmate di san Francesco. Il 24 dicembre 2024 il Papa aprirà la Porta santa in San Pietro dando inizio al Giubileo 2025 . Nello stesso anno, si ricorda l’anniversario della stesura del Cantico delle creature. Nel 2026 ricorrono gli otto secoli dalla morte del poverello d’Assisi. Nel 2027 , due sono le tappe importanti: il nono centenario della morte del fondatore di Camaldoli, san Romualdo, e il centenario della morte di santa Veronica Giuliani, il suo passaggio alla vita eterna, data importante per la comunità tifernate e per tutti i devoti della mistica di Mercatello.

Carissimi sorelle e fratelli,

Ogni nuovo anno inizia dall’invocazione per la pace. Sotto il manto della Vergine Madre di Dio, nel primo giorno del nuovo anno, celebriamo con insistenza la Giornata mondiale della pace, e ogni anno ci accorgiamo che il mondo ne ha sempre più bisogno. Comprendiamo allora le parole di Gesù che ai suoi dice: “Vi lascio la mia pace”. L’unica radice della vera pace è il
dono della vita di Cristo per liberarci da tutte le nostre schiavitù, che sono invece la fucina di ogni forma di violenza. È quella pace allora che aneliamo e che possiamo supplicare, la pace di Gesù che con l’amore divino vince ogni ombra di morte dentro la vita dell’uomo. La pace va desiderata, chiesta con forza, accolta con gratitudine e vissuta con umiltà.
Ciascuno è parte di questa enorme responsabilità di invocare per il mondo una nuova stagione di armonia e concordia tra i popoli, ma solo insieme possiamo contribuire a costruirla a partire dalle nostre case e dalle nostre strade. Questa pace è il filo d’oro che tiene unite tutte la porzioni preziose della nostra esistenza, a partire dalle relazioni con i nostri compagni di cammino. Non possiamo edificare nulla di buono tra noi se non ci prendiamo cura anzitutto della rete di fraternità in cui per grazia siamo stati inseriti. Anche per la comunità cristiana è questa l’emergenza attuale, che precede ogni possibile iniziativa, ed è la prima forma di annuncio del Vangelo di Gesù tra gli uomini di oggi. La comunione fraterna, che fa da ordito alla trama della pace, che insieme tessiamo lungo la storia, è il collante necessario ad ogni livello sociale ed ecclesiale perché si possa pensare e far crescere un mondo più umano e più buono per tutti. La follia della guerra, e di ogni quotidiana violenza, ha bisogno di essere disinnescata dentro la vita ordinaria, quella di ogni giorno, quella in cui ognuno di noi è protagonista e attore. Prima ancora dei grandi eventi bellici e divisivi, davanti ai quali ci sentiamo impotenti, c’è un ampio terreno di discernimento e di scelta in cui abbiamo il potere di seminare con fiducia e speranza i germogli della pace.
Ascoltiamo ancora con attenzione l’annuncio di pace che Dio desidera per noi, accogliamola nella disponibilità ad esserne costruttori, per poi pensarla insieme e insieme progettarla lungo i sentieri del tempo che ci è dato di vivere, e non dimentichiamoci di inserirla nei nostri progetti pastorali, che dovrebbero sempre e solo riecheggiare i sogni di Dio.
Il Principe della Pace, che inerme bambino l’annuncia a Betlemme, ci animi e ci rialzi!
don Luciano, vescovo

Giornata mondiale di lotta alla lebbra

L’ultima domenica di gennaio (28) si celebra la GIORNATA MONDIALE DEI MALATI DI LEBBRA, un appuntamento internazionale di solidarietà. In Italia l’iniziativa è promossa da AIFO – Associazione italiana Amici di Raoul Follereau che, in 60 anni, grazie al sostegno di centinaia di migliaia di italiani, ha contribuito alla cura di oltre un milione di malati di lebbra, destinando più di 150 milioni di euro per lo sviluppo e la gestione di progetti sociosanitari nei paesi a basso reddito. Presentazione della giornata La lebbra esiste ancora? Sì, la lebbra è una delle 20 Malattie Tropicali Neglette, patologie ignorate dall’opinione pubblica e da una parte del mondo medico, nonostante colpiscano oltre un miliardo di persone – più della metà bambini sotto i 14 anni. La povertà e la vulnerabilità sociale sono la causa principale della loro diffusione e secondo dati dell’OMS più di 140.000 persone hanno contratto la lebbra nel 2021 che si aggiungono ai 3 milioni di persone che l’anno contratta negli anni precedenti. È per questo che la Giornata Mondiale dei malati di Lebbra ha ancora oggi una grande importanza: una mobilitazione che si svolge in tutto il mondo con l’obiettivo di diffondere l’impegno contro questa malattia e le altre malattie tropicali neglette e per ricordare che nessuno deve vivere ai margini. Il ricavato della giornata va a sostegno dei progetti AIFO e aiuta a garantire diagnosi, cura e riabilitazione per le persone colpite dalla lebbra e il diritto alla salute alle persone vulnerabili nel mondo.
Come già detto, la causa principale della diffusione di questa malattia continua ad essere la povertà. Altri fattori sono l’assenza di servizi sanitari e la scarsa alimentazione. A queste criticità si aggiunge lo stigma, il pregiudizio ancora diffuso per i segni che la malattia lascia sul corpo. Per combattere questa malattia che colpisce soprattutto i più poveri ed emarginati, si celebrerà domenica 28 gennaio 71.ma Giornata mondiale di lotta alla lebbra, istituita nel 1954 dallo scrittore e giornalista francese Raoul Follereau.

Amore contro lo stigma

Uno dei bisogni fondamentali nelle vite di coloro che sperimentano questa malattia devastante è l’amore”. Si deve porre fine a discriminazione, stigmatizzazione e pregiudizio”. Una terapia multifarmacologica e centri clinici specializzati, hanno dimostrato la loro efficacia nel trattare questa malattia. Tuttavia, nessuna istituzione può da sola rimpiazzare il cuore o la compassione umana, nel momento in cui bisogna andare incontro alla sofferenza dell’altro. Non sarà uno sforzo individuale a provocare la necessaria trasformazione di coloro che combattono la lebbra, bensì  un lavoro condiviso di comunione e solidarietà. Soprattutto nei Paesi in cui la lebbra è una malattia endemica, possono fare molto, osserva inoltre il porporato, il potere dell’educazione e il contributo dell’accademia delle scienze.

Gesù e i lebbrosi

Gesù è stato per noi un modello per questo tipo di cura. Ciò che muoveva Cristo nel profondo nell’incontro con i lebbrosi deve ora ispirarci tutti, nella Chiesa e nella società.
Papa Francesco, riflettendo sulla guarigione del lebbroso ad opera di Gesù, ha indicato il potere e l’efficacia di Dio nel venire incontro al nostro desiderio più profondo di essere amati e accuditi. La misericordia di Dio, ha spiegato il Pontefice all’Angelus del 15 febbraio del 2015, “supera ogni barriera. “Non si pone a distanza di sicurezza”, ha affermato Francesco, “e non agisce per delega, ma si espone direttamente al contagio del nostro male”.

Giornata della Memoria

Giornata della Memoria viene celebrata il 27 gennaio ed è una ricorrenza internazionale. Ogni anno si commemora per ricordare le vittime dell’Olocausto. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite stabilì di celebrare il Giorno della Memoria ogni 27 gennaio per ricordare il 27 gennaio del 1945, giorno in cui le truppe dell’Armata Rossa dell’Unione Sovietica liberarono il campo di concentramento di Auschwitz in Polonia.  Quel giorno l’esercito sovietico capeggiato dal maresciallo Ivan Konev giunse per primo nella città di Oświęcim più conosciuta come Auschwitz. Entrando all’interno dei cancelli del campo di concentramento liberò i superstiti. La scoperta del campo di concentramento di Auschwitz rivelò integralmente per la prima volta al mondo intero l’orrore dell’olocausto nazista, gli attrezzi di tortura e di annientamento adoperati in quel campo di sterminio nazista. Prima dell’arrivo dell’Armata Rossa ad Auschwitz, 10 giorni prima, l’esercito tedesco era tragicamente indietreggiato trascinando con sè tutti i prigionieri i quali morirono durante la ritirata. Il giorno della memoria è riferito al giorno della liberazione di Auschwitz anche se precedentemente altri campi di concentramento erano già stati liberati. Difatti il campo di concentramento di Majdanek, così come quelli di Treblinka Belzec e Sobibor, erano stati liberati nel 1943 e nel 1944. L’Italia dal canto suo ha formalmente istituito la commemorazione della giornata nello stesso giorno, per ricordare le vittime dell’Olocausto.
Lo Stato italiano con gli articoli 1 e 2 della legge 20 luglio 2000 n. 211 definiscono in questo modo le finalità e le celebrazioni del Giorno della Memoria:
«La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione
italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed
a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative,
incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo
ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere. Alla data del 1º gennaio 2018, l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah, lo Yad Vashem di Gerusalemme, Ente istituito per «documentare e tramandare la storia del popolo ebraico durante la Shoah, preservando la memoria di ognuna delle sei milioni di vittime, riconosceva “Giusti tra le Nazioni” 26 973 persone. Ovvero i non ebrei che durante l’olocausto si sono impegnati, a rischio della vita e senza nessun interesse economico, a soccorrere gli ebrei perseguitati. Tra questi ricordiamo
Mons. Beniamino Schivo deceduto il 31 gennaio 2012.

Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

Il sussidio per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2024 è stato preparato da un Gruppo ecumenico locale del Burkina Faso, coordinato dalla Comunità locale di Chemin Neuf (Comunità Chemin Neuf, da ora CCN). Il tema scelto è “Ama il Signore Dio tuo… e ama il prossimo tuo come te stesso” (Lc 10, 27). Quanti sono stati coinvolti nella
stesura del testo – fratelli e sorelle dall’Arcidiocesi cattolica di Ouagadougou, dalle Chiese protestanti, dagli organismi ecumenici e dalla CCN in Burkina Faso – hanno collaborato generosamente alla stesura delle preghiere e delle riflessioni, vivendo questa esperienza di lavoro insieme come un vero cammino di conversione ecumenica.
Il testo biblico- La centralità dell’amore nella vita cristiana L’amore è il DNA della fede cristiana. Dio è Amore e “l’amore di Cristo ci ha riuniti in una cosa sola” Troviamo la nostra comune identità nell’esperienza dell’amore di Dio (cfr. Gv 3, 16) e manifestiamo questa identità al mondo nella misura in cui ci amiamo gli uni gli altri (cfr. Gv 13, 35). Nel brano scelto per la Settimana di preghiera 2024 (Lc 10, 25-37), Gesù ribadisce l’insegnamento ebraico tradizionale contenuto nel Libro del Deuteronomio 6, 5: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze”, e nel Libro del Levitico 19,18b “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Il dottore della Legge nel brano evangelico scelto per la Settimana chiede subito a Gesù: “Ma chi è
il mio prossimo?”. Si trattava di una questione – quella relativa all’estensione dell’obbligo biblico di amare – assai dibattuta tra i dottori della Legge. Tradizionalmente si credeva che si estendesse
agli Israeliti e agli stranieri residenti, ma, nel tempo, a motivo dell’impatto delle invasioni da parte di potenze straniere, il comandamento venne inteso come non applicabile agli stranieri delle
forze occupanti e successivamente, mentre l’Ebraismo stesso si andava frammentando, lo si considerava, talvolta, applicabile unicamente alla propria particolare fazione. La domanda posta a
Gesù dal dottore della Legge è dunque provocatoria, ed Egli vi risponde con una parabola che illustra come l’amore si estenda ben oltre i limiti immaginati dal dottore della Legge.
Molti degli scrittori cristiani dei primi secoli – ad esempio Origene, Clemente Alessandrino, Giovanni Crisostomo e Agostino – lessero in questa parabola la direzione del piano di Dio per la salvezza del mondo. Essi videro nell’uomo che scendeva da Gerusalemme l’immagine di Adamo – e  quindi di tutta l’umanità – che discendeva dal paradiso verso questo mondo, pieno di pericoli e di fragilità, e i briganti come l’immagine delle potenze terrene ostili che assalgono l’umanità. Essi videro Cristo stesso nella figura del samaritano che, mosso a compassione, venne in aiuto dell’uomo percosso e agonizzante, ne curò le ferite e lo portò al sicuro in una locanda, vista come l’immagine della Chiesa. La promessa del Samaritano di ritornare fu interpretata come una prefigurazione della promessa del ritorno del Signore. I cristiani sono chiamati ad agire come Cristo, ad amare come il Buon Samaritano, mostrando misericordia e compassione verso chi è nel sogno, a prescindere dalla sua identità religiosa, etnica o sociale. La forza che spinge a soccorrere e aiutare chi è nel bisogno non deve risiedere nel fatto di condividere la medesima identità, ma nel fatto di considerarlo “prossimo”. Questa visione dell’amore del prossimo che Gesù ci sprona a seguire è tuttavia messa a dura prova nel mondo di oggi. In particolare in Burkina Faso, la nostra capacità di amare come Cristo è inibita dalle guerre in molte regioni, dagli squilibri nelle relazioni internazionali e dalle disuguaglianze causate dai cambiamenti strutturali imposti dalle potenze occidentali o da altri organismi esterni. Ma è soltanto imparando ad amarsi reciprocamente, nonostante le differenze, che i cristiani possono farsi prossimo per gli altri, su esempio del Samaritano del Vangelo. La settimana di preghiera nella nostra diocesi Anche nelle nostre diocesi avranno luogo appuntamenti che ci permettono di condividere con fratelli
cristiani di altre confessioni alcuni momenti di preghiera e di fraternità; sono occasioni da vivere come crescita spirituale e come occasione di fraternità.
Venerdì 19 gennaio, alle ore 21.00 presso la Parrocchia Convento di Santa Maria della Pietà – Frati minori0 di Umbertide avrà luogo una celebrazione ecumenica presieduta dal Vescovo Luciano
insieme a Padre Bogdan, unica per le diocesi di Gubbio e Città di Castello. Sono invitati i fedel i cattolici, ortodossi e da altre confessioni cristiane.

Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei

“Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti” (Ez 37,11). La situazione descritta dal profeta appare disperata. Le “ossa inaridite”
richiamano l’immagine della sconfitta dopo la battaglia; la “speranza svanita” dice la sfiducia nel futuro e la paura. Su tutto domina un senso di morte e
di pessimismo. Trionfano le “passioni tristi”: impotenza, delusione, inutilità, paura… Sentimenti che spesso affiorano anche nelle nostre riunioni ecclesiali:
“Ormai non c’è più nulla da fare”; “Siamo sempre meno”; “Ormai le abbiamo provate tutte”; “È troppo tardi per recuperare”. Rimestiamo in questo pessimismo e viviamo da vittime impotenti. Lo stesso pessimismo, a volte unito a rabbia e rassegnazione, aleggia anche nella nostra società, spesso ripiegata sul presente, aggrappata al presente, incapace di fiducia nel futuro.
1. Un annuncio di rinascita In questo contesto il profeta annuncia vita, parla di una rinascita. I profeti prima dell’esilio avevano più volte richiamato il popolo alla conversione per impedire che avvenisse la catastrofe, ma adesso che il peggio è già successo, Ezechiele annuncia l’impossibile o, meglio, annuncia ciò che sembra impossibile: la rinascita dalla morte. Ecco una bella missione del credente nel nostro mondo: annunciare possibilità che vanno oltre l’esistente, possibilità che emergono dall’esistente e aprono prospettive inaspettate e che sono tutte collegate esclusivamente all’azione di Dio. 2. Un futuro abitato L’immagine di Dio che traspare dal testo è quella del Creatore, come quella del racconto della creazione dove dona l’alito che fa vivere (cfr Gen 2). Forte di questa certezza il profeta può guardare al futuro: Dio ha creato e Dio creerà di nuovo. Emerge la presenza dello spirito di Dio capace di far rinascere, di far “ripartire”, di creare vita là dove c’era solo caos e morte. Il profeta attesta una fede che va oltre l’esperienza concreta e che si radica nel momento delle origini, completamente indisponibile all’uomo, ma comunque abitato dalla presenza efficace di Dio che interviene grazie al suo Spirito.
3. L’icona di Emmaus Ci viene alla mente l’icona di Emmaus che accompagna il Cammino sinodale delle Chiese in Italia. Lì il Risorto fa ardere il cuore dei discepoli carichi di “passioni tristi”. Non avevano più fiducia nel futuro, non avevano più fiducia nella vita. Si sentivano delusi e impotenti. Gesù Risorto si accosta e li “risveglia alla vita”, li aiuta a credere nuovamente nella vita. Rigenera in loro la speranza. Ci auguriamo che il Signore, attraverso il Cammino sinodale, rigeneri fiducia e coraggio nella nostra Chiesa e, soprattutto, aiuti tutti i credenti ad essere capaci di contagiare di fiducia e coraggio i nostri contemporanei. 4. Una continua conversione Ma perché la nostra speranza non sia irenica e disincarnata, va anche ricordato che la situazione
drammatica a partire dalla quale il profeta Ezechiele parla di un futuro promettente non è casuale, imputabile al fato, ma è invece la conseguenza del peccato del popolo, più volte invitato alla
conversione, ma incapace di attuarla in modo sincero. La nostra speranza in un futuro migliore deve appoggiarsi su una continua conversione: nel rapporto con Dio, nel rapporto fra persone, nel
rapporto tra stati, nel rapporto con la terra. Solo così possiamo sperare in un mondo in pace, riconciliato, giusto, rispettoso del creato.
5. Rinnovati da Dio La nuova creazione cui il profeta allude nella visione del capitolo 37 è ancora più sorprendente della prima creazione perché si fonda sul perdono di Dio e non sui meriti inesistenti dell’uomo. La speranza dell’uomo poggia innanzitutto su Dio che è fedele alle sue promesse, sul Dio Creatore che ha fatto alleanza con l’uomo e con il popolo.
6. In armonia con le aspirazioni umane In questa luce ricordiamo le parole del Concilio: “La Chiesa sa perfettamente che il suo messaggio è in armonia con le aspirazioni più segrete del cuore umano quando essa difende la dignità della vocazione umana, e così ridona la speranza a quanti ormai non osano più credere alla grandezza del loro destino. Il suo messaggio non toglie alcunché all’uomo, infonde invece luce, vita e libertà per il suo progresso” (GS 21). Siamo destinati ad un compimento. Come credenti desideriamo collaborare
con tutti coloro che, seguendo le “aspirazioni più segrete”, contribuiscono a far nascere un mondo nuovo. Come credenti desideriamo offrire il nostro servizio a tutti per far sbocciare il
Regno, rigenerando speranza, fiducia e coraggio. 7. Contagiamo speranza insieme Nella Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei desideriamo
confermare l’importanza del rapporto tra le nostre comunità in Italia. Soprattutto auspichiamo una rinnovata passione per la Scrittura, certi che proprio le sue pagine possono rigenerare in noi
“passioni felici”, aiutarci a sostenere l’umano che è comune, contagiare speranza. La commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo

Un anno da raccontare

Anche in questo 2023, l’attenzione al prossimo ha mosso i nostri cuori e diretto le nostre azioni verso una serie di attività volte ad aprire ulteriormente gli spazi della carità, per rispondere alle sempre maggiori esigenze del territorio.
La nostra Diocesi, attraverso le opere segno di Caritas e i fondi CEI 8xmille ha sostenuto con un budget di 28.000,00 euro le famiglie che per una serie di ragioni, non sono state nella possibilità di far fronte alle spese correlate ad utenze ed affitti. All’Emporio della Solidarietà S. Giorgio nel 2023 ci sono stati 5.630 accessi, per un totale di 1347 persone: sono stati distribuiti beni di prima necessità -tra acquisti, donazioni e cessioni gratuite – per un totale stimato 120.000,00 euro. La Mensa Diocesana, aperta in presenza 6 giorni su 7 (nelle giornate festive è previsto l’asporto) prepara quotidianamente i pasti per 25/30 persone in sede e 45 da asporto: nel corso del 2023 sono stati distribuiti beni alimentari per un totale di circa 90.000,00 euro.
Molte informazioni giungono alla nostra sede attraverso la rete dei centri di ascolto, passaggio fondamentale che mette in luce la vulnerabilità delle nostre comunità, ma anche l’importanza di fare rete; nel corso dell’anno abbiamo condiviso con loro un percorso di accrescimento personale e di formazione al servizio, che continuerà anche nel 2024.
Ci arrivano giornalmente richieste per famiglie che si trovano nell’impossibilità di far fronte alle spese ordinarie, e segnalazioni della presenza sul territorio di un numero crescente di soggetti privi di alloggio, per i quali, operiamo dei brevi soggiorni in alberghi disponibili ad accoglierli; numerosi anche i casi di persone che hanno difficoltà ad entrare o rientrare nel mondo del lavoro, per i quali cerchiamo di attivare dei tirocini formativi finalizzati all’assunzione nelle aziende della zona. Inoltre, per far fronte all’emergenza causata dai vari conflitti nel mondo, dalle povertà estreme di paesi vicini e lontani, Caritas si è impegnata ad assistere persone e famiglie che si sono rifugiate nella nostra zona, sia attraverso l’accesso alle misure di accoglienza in Convenzione con la Prefettura di Perugia, sia attraverso la partecipazione a progetti di Caritas Italiana e tramite donazioni private: al momento assistiamo in maniera continuativa 15 nuclei familiari ed altrettante persone singole, per un totale di più di 45 presenze nelle nostre strutture. Anche in questo caso, dobbiamo ringraziare per la disponibilità dei cittadini della Diocesi e dei parroci
che hanno messo a disposizione case ed appartamenti, e che ci hanno consentito di offrire alloggi idonei a queste persone rifugiate.
Tutte queste attività vedono l’impegno di numerosi volontari, che donano in maniera spontanea e generosa il loro tempo e le loro professionalità: l’impegno e le dedizione di quanti operano nei servizi Caritas rappresenta un segno importante della vicinanza della Chiesa alle persone in difficoltà, che sempre più spesso sono amici che hanno perso il posto di lavoro, famiglie che entrano in crisi e si ritrovano a dover gestire situazioni critiche, o semplicemente persone che cercano un conforto per le difficoltà della vita.
Grazie anche ai volontari in Servizio Civile, che ogni anno entrano nei nostri servizi e portano nuova linfa: speriamo che sempre più ragazzi scoprano quanto è arricchente e sfidante questa  esperienza. Continueremo a svolgere il nostro servizio, anche grazie al vostro aiuto a favore del prossimo e per la Chiesa.
Ringraziamo per la generosità tutti i collaboratori e benefattori, che con la loro vicinanza ci ricordano ogni giorno che il prendersi cura del prossimo è un cammino, e con l’impegno di tutta la  comunità è possibile costruire una rete forte e che faccia davvero la differenza.
Buon anno a tutti!
Equipe Caritas Diocesana

GIORNATA MISSIONARIA PER L’INFANZIA

Il 6 gennaio, oltre ad essere il giorno dell’Epifania, è anche la Giornata Missionaria dei Ragazzi (GMR), ma le Chiese locali, per esigenze diverse, possono anche festeggiarla in un’altra data vicina.
La Giornata Missionaria Mondiale dei Ragazzi è una giornata di preghiera e solidarietà che si celebra in tutto il mondo anche se in date diverse, scelte compatibilmente con le tempistiche scolastiche dei vari paesi. In Europa fu scelta la data del 6 gennaio, giorno dell’Epifania, anche se da sempre è stata data libertà di celebrarla in date più compatibili
con altri impegni diocesani e parrocchiali. Lo slogan della Giornata Missionaria Mondiale dei Ragazzi 2024 è: “Cuori Ardenti, Piedi in Cammino”. La Giornata Missionaria Mondiale dei Ragazzi è una festa davvero particolare! Se tutta la Chiesa è missionaria, questa Giornata ci ricorda che Gesù ha affidato la sua missione anche ai piccoli. Anzi, invita tutti ad accogliere il Regno di
Dio come i bambini (Mc 10, 15). Gesù si fida dei giovani e dei ragazzi, conta su di loro, sulle loro energie, il loro entusiasmo, la loro spontaneità, fantasia e creatività, sulla loro voglia di condividere e di fare festa. Gesù sostiene anche i loro sogni di un mondo più bello per tutti. La GMMR si svolge all’interno di un periodo molto intenso: il Tempo del Natale.
Per evitare il rischio di sminuire l’importanza di questa Giornata, in molte comunità per motivi pastorali e pratici questa ricorrenza viene celebrata in una data diversa dalla Festa dell’Epifania. Essenziale è aiutare i ragazzi a prendere coscienza che la missione, che è di tutti, si esprime in gesti e modalità diverse e varie.
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È NATO IL SALVATORE… e noi ancora a comprare regali, impegnati in grandi pranzi e cene, a fare baldoria e sparare
fuochi d’artificio, a vivere queste feste come se nulla fosse accaduto!
È NATO IL SALVATORE… intanto si uccide e si distrugge in mezzo mondo, quella che il Papa definisce la “terza guerra
mondiale a pezzi”, non conosce tregua; e tutti si proclamano Figli di un unico Dio, lo stesso Dio…
È NATO IL SALVATORE… e tra qualche giorno non ce ne ricorderemo nemmeno, intenti a festeggiare la befana e,
con la scusa dei bambini, ad oliare la macchina commerciale per grandi e piccini!
Non sembri un discorso deprimente e retorico, ma abbiamo bisogno di ben altro per uscire dalle tenebre alla Luce, dalla teoria alla coerenza cristiana, dall’egoismo all’amore per il Prossimo. Così uno spunto, un consiglio costruttivo e alla portata di tutti:
il 6 gennaio EPIFANIA DEL SIGNORE, i fedeli cattolici sono invitati alla GIORNATA MONDIALE MISSIONARIA DEI RAGAZZI 2024. Anche a me, come a voi, sono pervenute richieste di aiuto da tante organizzazioni e missioni nel mondo e, per quanto nelle nostre forze, abbiamo dato un contributo, qualcuno anche lavoro personale in loco, organizzato containers e altre forme di sostegno. Ma non basta!!! Non può esistere un limite, non facciamo i ragionieri…
Così, in tutte le Chiese del mondo, SABATO 6 GENNAIO, SARA’ EFFETTUATA UNA COLLETTA il cui ricavato andrà, attraverso MISSIO ITALIA, a tutte quelle Missioni più povere e bisognose, alla realizzazione di progetti e all’aiuto alimentare e sanitario. Vi chiediamo di fare una piccola donazione, un fioretto, di dirottare un pò della vostra generosità per parenti ed amici a chi soffre, a chi non ha nulla, a chi il Signore ci ha indicato come il nostro prossimo. Tutto ciò che faremo a loro, sarà come se lo avessimo fatto a Lui, e ci sarà restituito 100 volte tanto. Auguro a tutti voi
una Festa del Santo Natale piena di Amore e Solidarietà.

diacono Angelo
Direttore Centro Missionario Diocesano

P.S. sacerdoti e diaconi sono invitati a ritirare il materiale in ufficio o a telefonare x la
consegna. Il materiale sarà recapitato nelle vostre chiese!