Carissimi sorelle e fratelli,

il mese che cominciamo ci immerge nella riflessione e nella attenzione al tema della vita, in tutte le sue sfaccettature e nel dipanarsi delle sue differenti stagioni.
La vita è il mistero più grande che riceviamo e contempliao nel nostro cammino esistenziale. Tante e grandi sono le domande che l’accompagnano. Tutto quello che ci tocca e ci riguarda attiene al senso e al valore di questa vita che ci ritroviamo ad abitare nel tempo e nella storia. La sfida più grande, e perciò anche complessa e multiforme, è proprio quella del vivere la vita che ci è data, dentro le coordinate interiori ed esteriori in cui l’attraversiamo.
Così, nei giorni di questo mese di passaggio tra un tempo forte e l’altro, siamo invitati ad aprire gli occhi della coscienza davanti a tutte le vicissitudini che interessano la vi-ta, nostra e degli altri, presente e futura. La parola del Vangelo, e tutte le sue declinazioni che nel tempo lo hanno intessuto con la trama della storia, ci parlano della vita, della sua bellezza, della sua delicatezza e preziosità, della sua precarietà e della sua direzione eterna, della sua difesa e della sua custodia.
In occasione della festa del 2 febbraio per la Presentazione al Tempio di Gesù, la Chiesa ricorda e celebra la bellezza della vita consacrata, offerta a Dio e da Dio resa feconda, di uomini e donne che hanno scelto di donarla totalmente agli altri radicandola in Dio come risposta definitiva all’amore ricevuto. Ciò che è già benedetto da sempre quando appare nel grembo di una madre diventa vita donata nell’offerta di sé che i consacrati fanno liberamente nello stile del servizio per la costruzione del Regno di Dio.
La prima domenica di febbraio è da tanto tempo l’appuntamento con la responsabilità che ciascuno e insieme abbiamo di fronte ad ogni esistenza che riconosciamo come dono immenso e gratuito del Signore. La Vita, prima di tutto scoperta e accolta come dono. Ricevuta e custodita come un bene immenso da amare e difendere. Senza misure, senza condizioni, senza differenze che la diminuiscano o la offendano. La vita così com’è. Accompagnata e accolta dall’inizio al compimento, in ogni sua stagione, consapevoli che solo di una cosa la vita si nutre e solo di questa ha bisogno: l’amore di Dio raccontato e reso vicino dal nostro. Un vita senza aggettivi e mai lasciata da sola. In questo nostro sapere che scaturisce dalla fede è però nascosta una grande responsabilità a cui la comunità ecclesiale non può venir meno, pena la sua non credibilità. La responsabilità dell’esserci, accanto e con amore, ad ogni situazione di vita, buona o ferita, specie laddove c’è sofferenza e paura.
Ecco allora anche la giornata dell’11 febbraio, che nella memoria della Beata Vergine di Lourdes, celebra la cura e l’attenzione della Chiesa per i malati, le loro famiglie e coloro che li servono. Non un una tantum per fare vetrina di una distratta attenzione, ma il volano di una premura che dovrebbe annodare i giorni che scandiscono pesanti il tempo della sofferenza. Come ogni famiglia rallenta e prende il passo di chi più fatica quando la malattia irrompe nella sua storia, così ogni comunità cristiana non può non farsi attenta ai membri più fragili per ricalibrare il proprio cammino sulle cadenze di questi fratelli e sorelle.
Questo desiderio, e bisogno, di prendere sul serio la vita, come il dono di Dio da vive-re alla luce del suo amore e della sua misericordia, è il centro del cammino di Quare-sima che avrà inizio alla fine di questo mese. Veniamo invitati a percorrere insieme, come comunità, il sentiero luminoso della parola di Dio che ci guida alla sorgente stessa della vita e del suo rinnovamento nella Pasqua di Gesù Cristo, nostro salvatore.
Il Signore ci apra gli occhi e il cuore sul grande mistero della vita. Ci doni il suo Spirito perché possiamo sentire l’amore e la responsabilità della cura degli altri. La Vergine Madre ci educhi a pensare la nostra vita a partire dai fratelli e dalle sorelle che Dio ci ha donato.
don Luciano, vescovo