Messaggio del Santo Padre per la 96ª Giornata Missionaria Mondiale

“Di me sarete testimoni”
Nel giorno dell’Epifania del Signore, giorno in cui si è celebra la Giornata dell’Infanzia Missionaria, è stato diffuso il messaggio di Papa Francesco per la Giornata Missionaria Mondiale che celebreremo la penultima domenica di ottobre. Francesco scrive che “molti cristiani sono costretti a fuggire dalla loro terra” e che, con l’aiuto dello Spirito, “la Chiesa dovrà sempre spingersi oltre i propri confini, per testimoniare a tutti l’amore di Cristo”. Tema della Giornata: “Di me sarete testimoni” La Chiesa è per sua natura missionaria, evangelizzare è la sua identità. Gesù, prima di salire in Cielo, lascia ai suoi discepoli il mandato che è chiamata essenziale per tutti i cristiani: “Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra”. Nel suo messaggio per la Giornata, Papa Francesco offre alcune riflessioni sulle parole chiave che descrivono la vita e la missione dei discepoli.
“Di me sarete miei testimoni”
Mi sarete testimoni: queste parole, scrive il Papa, sono “il punto centrale”: Gesù dice che tutti i discepoli saranno suoi testimoni e che “saranno costituiti tali per grazia” e “la Chiesa, comunità dei discepoli di Cristo, non ha altra missione se non quella di evangelizzare il mondo, rendendo testimonianza a Cristo”. Francesco fa quindi notare che l’uso del plurale: “sarete testimoni” indica “il carattere comunitario-ecclesiale della chiamata”. E prosegue:
Ogni battezzato è chiamato alla missione nella Chiesa e su mandato della Chiesa: la missione perciò si fa insieme, non individualmente, in comunione con la comunità ecclesiale e non per propria iniziativa. E se anche c’è qualcuno che in qualche situazione molto particolare porta avanti la missione evangelizzatrice da solo, egli la compie e dovrà compierla sempre in comunione con la Chiesa che lo ha mandato.
E’ Cristo, Colui che dobbiamo testimoniare
Papa Francesco cita le parole di san Paolo VI nell’Evangelii nuntiandi: “Evangelizzare non è mai per nessuno un atto individuale e isolato, ma profondamente ecclesiale”. Osserva poi che i discepoli “sono inviati da Gesù al mondo non solo per fare la missione, ma anche e soprattutto per vivere la missione; non solo per dare testimonianza, ma anche e soprattutto per essere testimoni di Cristo”.
I missionari di Cristo non sono inviati a comunicare sé stessi, a mostrare le loro qualità e capacità persuasive o le loro doti manageriali. Hanno, invece l’altissimo onore di offrire Cristo, in parole e azioni, annunciando a tutti la Buona Notizia della sua salvezza con gioia e franchezza, come i primi apostoli.
Francesco ricorda ancora san Paolo VI quando avvertiva che “l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri”, afferma quindi che per la trasmissione della fede è fondamentale “la testimonianza di vita evangelica dei cristiani”, ma che “resta altrettanto necessario” l’annuncio della persona e del messaggio di Cristo. Scrive nel messaggio:
Nell’evangelizzazione, perciò, l’esempio di vita cristiana e l’annuncio di Cristo vanno insieme. L’uno serve all’altro. Sono i due polmoni con cui deve respirare ogni comunità per essere missionaria. Questa testimonianza completa, coerente e gioiosa di Cristo sarà sicuramente la forza di attrazione per la crescita della Chiesa anche nel terzo millennio. Esorto pertanto tutti a riprendere il coraggio, la franchezza, quella parresia dei primi cristiani, per testimoniare Cristo con parole e opere, in ogni ambiente di vita.
“Fino ai confini della terra”
La missione affidata ai discepoli ha un carattere universale, da Gerusalemme si allarga fino ‘all’estremità della terra’. E Francesco fa una precisazione: essi “non sono mandati a fare proselitismo, ma ad annunciare; il cristiano non fa