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GIORNATA DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI 2022 Ascoltate!

Ogni anno il tema viene annunciato dal pontefice il 29 settembre, festa dell’Arcangelo Gabriele, mentre il 24 gennaio nelle Diocesi con i giornalisti cattolici riuniti attorno al proprio vescovo per celebrare il loro patrono San Francesco di Sales, si fa un approfondimento del messaggio del Papa. La giornata si celebrerà nel mese di maggio.

Nel tema della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2022, Francesco lancia un invito ai professionisti del settore: la ricerca della verità comincia dall’ascolto, oggi di nuovo basilare dopo le ferite prodotte dalla pandemia

 “Ascoltate!”. Un tema brevissimo, una sola parola, eppure ricchissimo di significato e di valore: è l’imperativo “Ascoltate!” che il Santo Padre Francesco ha scelto come verbo guida per il suo Messaggio per la 56a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che si celebrerà nel 2022.

Dopo l’invito dinamico del Messaggio per il 2021 – quel “Vieni e vedi” che esortava gli operatori della comunicazione a raggiungere di persona ciò che si voleva raccontare – quest’anno il Pontefice “chiede al mondo della comunicazione”, di “reimparare ad ascoltare”.

Così è affermato, infatti, in un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede che commenta la presentazione del tema del Messaggio.

“La pandemia – si legge nel testo della Sala Stampa vaticana – ha colpito e ferito tutti e tutti hanno bisogno di essere ascoltati e confortati. L’ascolto è fondamentale anche per una buona informazione. La ricerca della verità comincia dall’ascolto. E così anche la testimonianza attraverso i mezzi della comunicazione sociale. Ogni dialogo, ogni relazione comincia dall’ascolto. Per questo, per poter crescere, anche professionalmente, come comunicatori, bisogna reimparare ad ascoltare tanto”.

La nota ricorda poi che nel Vangelo Gesù in persona “chiede di fare attenzione a come ascoltiamo”. Anche perché, osserva, “per poter veramente ascoltare ci vuole coraggio, ci vuole un cuore libero e aperto, senza pregiudizi”. La conclusione chiama in causa la comunità ecclesiale nella sua totalità, in un tempo in cui “è invitata a mettersi in ascolto per imparare ad essere una Chiesa sinodale”: tutti “siamo invitati a riscoprire l’ascolto come essenziale per una buona comunicazione”.

 

 

 

Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei

“Realizzerò la mia buona promessa”(Ger 29, 10)

 “Essere seminatori di speranza”, in un tempo fortemente segnato dalla pandemia, perché “ogni crisi è una buona occasione, un tempo favorevole da non sprecare”.

“A nulla serve l’illusione di poter riprendere in fretta le consuetudini amate, di fare in modo che tutto sia come prima”. Questo il “messaggio” che quest’anno vuole assumere la Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei che si celebrerà il 17 gennaio ed avrà per titolo: “Realizzerò la mia buona promessa” (Ger 29, 10).

La Giornata è giunta alla sua 33ma edizione ed è accompagnata da un messaggio scritto dalla Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo. Negli ultimi anni i temi del dialogo sono stati dedicati alle Dieci Parole e alle Meghilloth. Quest’anno si è deciso di intraprendere, anche “alla luce della pandemia e delle sue conseguenze”, un cammino sulla Profezia, partendo dalla lettura di un passo del profeta Geremia, “La lettera agli esiliati”.

La Commissione CEI spiega come il tempo dell’esilio sia particolarmente in sintonia con “il tempo complesso che stiamo attraversando” e dona indicazioni preziose su come vivere questa condizione: “Chi sceglie di conservare tutto e resta attaccato a un passato glorioso – scrive la Cei – rischia di perdere anche se stesso, mentre chi è disponibile ad abbandonare ogni falsa sicurezza riavrà i suoi giorni”. Chi si trova in esilio ha la tentazione di “perdere ogni speranza e costruire una comunità chiusa, distaccata e ripiegata su se stessa. Nella pandemia, come credenti, abbiamo avuto le stesse tentazioni: perdere la speranza e chiuderci in comunità sempre più autoreferenziali”.

Nel messaggio la Cei fa riferimento anche alla “situazione di esculturazione del fenomeno religioso” dalla sfera pubblica e al rischio di “creare comunità sempre più chiuse in se stesse”. L’invito che arriva dalla lettura del brano di Geremia è invece quello di “stare positivamente dentro la realtà e a starci in modo generativo”.

“Ecco la sfida per le religioni: uscire dal rischio della “depressione” e dell’autoreferenzialità difensiva per essere generative, capaci di lavorare per la costruzione della società e generare speranza”.

Nel messaggio, la Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo esprime anche preoccupazione per le “deprecabili manifestazioni di cancellazione della memoria e di odio contro gli ebrei”. In questo senso, “la Giornata è una significativa opportunità per sottolineare il vincolo particolare che lega Chiesa e Israele”. Infine, c’è un rifermento anche a tutti gli “esiliati” di oggi. Ricordano – scrive la Cei – che “lo straniero è una benedizione e che l’ospitalità così centrale nelle tradizioni ebraica e cristiana, può essere lo “stile” con cui oggi i credenti stanno nella storia e animano la società.